per non dimenticare…

SULLE CAMPINE PER I NOMADI E L’OASI DEL RIO COVIOLA

Sì ai diritti, no alle regalie

                

Caro direttore,

premesso di non essere fra coloro che quando si parla di investimenti a favore dei nomadi, si lascia prendere dal pietismo oppure reagisce con insofferenza, per non dimenticare, vorrei intervenire sull’ipotetica realizzazione di una campina in via Freddi, ai margini dell’area un tempo definita “Oasi del Rio Coviola”, l’ultima propaggine di piante autoctone che si estende da Codemondo a San Bartolomeo. Intervengo attingendo a documenti ed ai ricordi di ex consigliere e presidente dell’allora Terza Circoscrizione.

 

Nella seconda metà degli anni 80 del secolo scorso, in pompa magna, nella Sala Rossa del Comune di Reggio Emilia, fu presentato il progetto dell’Oasi del Rio Coviola. Sponsor la Cooperbanca, in attesa di acquisire l’intera area, furono apposti cartelli all’ingresso dell’Oasi in via Freddi e via Tirabassi, fu concessa una sanatoria , da rinnovare periodicamente, alla casetta abusiva realizzata all’interno del parco. Sottoscritta una convenzione col proprietario, questa divenne punto di accoglienza per le scuole. Poco dopo, l’area prospiciente l’ingresso di via Freddi fu acquistata da una famiglia nomade che ivi si insediò con una roulotte. Essendo questa terra agricola, per di più “gravata” da retini che ne salvaguardavano la vocazione ambientale, intervenne il Comune che subentrò nell’acquisto. L’allora assessore Roberto Pierfederici si fece promotore della piantumazione di alberi che, nel tempo, si svilupparono in tutta la propria rigogliosità. Negli anni successivi, nelle osservazioni ai bilanci del Comune approvate dalla Circoscrizione, l’Oasi del Rio Coviola restava un obiettivo e progetto primario al fine di rendere pubblico un bene ambientale unico nella provincia reggiana. Quando a San Bartolomeo, nell’area di pertinenza del campo da golf fu realizzato quel prestigioso insediamento ora oggetto di…, il sottoscritto propose, inascoltato, che gli oneri di urbanizzazione restasserono sul territorio destinandoli all’acquisizione del terreno per la realizzazione dell’Oasi del Rio Coviola. Impietosamente, sono passati oltre 25 anni. Del progetto “Oasi del Rio Coviola”, resta solamente uno sbilenco, arrugginito e sbiadito cartello, l’accesso all’area è impedito da cancelli e… tutto è finito (?) nell’oblio.

 

Ora si parla di un progetto per una campina per i nomadi anche in via Freddi, mentre, se non vado errato, nelle zone limitrofe già due insediamenti “stanziali” sorsero alla “un po’ così” per poi urbanisticamente sanarli? Io credo che tutti si abbia il diritto di avere pari diritti e pari doveri. Parlo di “diritti”, non di “regalie”. Sulla base di queste principi, riterrei giusto ed equo affrontare l’argomento “insediamento ed integrazione nomadi” con l’individuazione di aree (un tempo si chiamavano PEEP), vendergliele e che questi provvedano poi alla realizzazione a spese proprie, rispettando le norme urbanistiche.

   

                                                                                                      Mario Guidetti

                                                                                                            

 

 

Re, 17 settembre 2012